Sopra una base quadrata in legno dipinto sono fissati quattro cilindri in legno che fungono da supporto per quattro pile a colonna. In ciascun cilindro sono inserite tre aste in vetro mantenute ferme da un cappello in legno tornito e dipinto. Fra le aste sono posti nello stesso ordine le coppie metalliche (in origine 50 per ogni pila) costituite da dischi di rame e zinco in contatto, intervallate da dischi di feltro (non originali) che dovevano essere imbevuti di acqua acidulata con acido solforico. Al primo disco di rame e all’ultimo disco di zinco sono collegate delle piastre metalliche che costituiscono i poli della pila. La differenza di potenziale generata è pari alla somma delle differenze di potenziale relative a ciascuna coppia rame-zinco.

Lo strumento è dotato di una sbarretta di rame, sagomata in modo da poter essere inserita fra due colonne; in tal modo si ottiene un collegamento fra gli elementi di due pile, con il conseguente aumento della differenza di potenziale disponibile.

Dai documenti d’archivio, risulta che le pile furono commissionate nel 1803 da Francesco Maccarani (1776 – 1846), docente di Fisica e Chimica nel Liceo Dipartimentale.

Strumento in esposizione