La macchina elettrostatica è un generatore di cariche elettriche, ottenute per induzione. Questo tipo di macchina a dischi orizzontali fu proposto dal fisico tedesco Wilhelm Holtz (1836 – 1913) nel 1867 successivamente a un primo modello a dischi verticali.

I dischi di vetro verniciato alla gommalacca (uno dei quali non originale) sono posti in rotazione in senso opposto azionando la manovella posta sulla ruota in legno. Sopra e sotto i dischi di vetro sono posizionati quattro pettini in ottone a due a due collegati da traverse verticali e con le colonnine anteriori nelle quali sono infisse le aste dello spinterogeno (non originali). Le cariche sono raccolte dai pettini e accumulate sulle sferette dello spinterogeno, fra le quali scoccano scintille

Per generare cariche, la macchina necessita di un innesco: dopo avere accostato l’una all’altra le sfere dello spinterogeno, si trasferisce a uno dei dischi una carica iniziale negativa (prodotta strofinando con la pelliccia la lastra di ebanite), in un punto corrispondente a uno dei pettini posti sull’altro disco. Questa carica induce sull’altro disco una carica opposta, e queste vengono a mano a mano incrementate dalla rotazione dei dischi e raccolte sui pettini. Questi, a loro volta, trasmettono la carica allo spinterogeno; discostando le sferette, si creano fra di esse una serie di scintille. Il tubo di vetro armato collegato ai pettini funge da condensatore e fa sì che fra le sferette dello spinterogeno si crei una maggiore differenza di potenziale.

Lo strumento è stato acquistato da Tecnomasio di Milano nel 1872.
I suoi accessori sono il condensatore 17ME-a, la lastra di ebanite 90ME, e una coda di volpe (mancante).

Strumento in esposizione